FELICE NITTOLO
Litoritmo
Inaugurazione 8 novembre ore 17:00
Pan/ Palazzo delle Arti Napoli
via dei Mille 60
8-24 novembre 2019
a cura di Daniela Ricci
Manifesto
Pieghevole
Nelle sale
Loft del Pan, Palazzo delle Arti Napoli, “Litoritmo” è
un’esposizione di opere di Felice Nittolo curata da
Daniela Ricci e organizzata dalla Alessandro Vitiello
Home Gallery di Roma, in collaborazione con
l’Assessorato alla Cultura e al turismo del Comune di
Napoli. Con “lucidità futurista” saranno esposte le
carte, le tele e le pietre, 30 tra i lavori più
rappresentativi dell’intero percorso artistico e
professionale di Nittolo. La mostra, visitabile fino al
24 novembre, in tal senso ha l’obiettivo di verificare
la capacità di far convivere – attraverso l’arte -
passato, presente e futuro. Con uno sguardo al difficile
rapporto che esiste tra l’arte contemporanea e il
sistema delle regole e delle logiche di mercato.
Affrontare l’opera di Nittolo - nato a Capriglia Irpina
nel 1950, ma da sempre vive e lavora a Ravenna – è un
percorso che non si può intraprendere se non con un buon
bagaglio di conoscenze, almeno visive, dell’arte del
Novecento, e che non si può capire senza l’esperienza
dei mosaici dorati delle nostre cupole e ancor più senza
il lontano ricordo delle profilature degli angeli
siriaci.
Il lavoro di Nittolo, artista di livello internazionale,
risente di suggestioni che spaziano da Burri a Fontana,
da Pomodoro a Calder, versate su ricordi di restauri
‘malfatti’ che hanno imprigionato, nella superficie
asperrima della mestica, la memoria dell’oro puro
bizantino, rimandando alla trascendenza. Ogni sua tappa,
ogni sperimentazione sempre priva di preconcetti,
risulta legata a un luogo fisico e alla sua anima.
La proposta va nella direzione delle tanto amate
contaminazioni che caratterizzano questo passaggio di
secolo, questo travaso di consapevolezza estetica i cui
sfilacciati lembi finiscono nel nostro quotidiano, nel
nostro vestire, nel nostro atteggiarci con una
leggerezza e un disimpegno che le generazioni passate
sicuramente ci contesterebbero. La precarietà dei
materiali, la vibrante sgranatura dell’immagine,
conducono all’evocazione di forme e cose sempre meno
identificabili talvolta intangibili.
Nata da un’idea di Alessandro Vitiello, l’esposizione ha
il merito di presentare nella nostra città un artista
importante che con la sua pittura e la sua ricerca
interpreta l’esistente con scomposizioni,
frammentazioni, sperimentazioni e occhi carichi di
memoria. Colore, materia e luce, in ogni singola opera
sono sempre diverse e assumono in divenire consistenze e
aspetti differenti. Acrilico, legno, tela, linoleum,
foglia oro, malta, terracotta, pasta vitrea, carta,
inchiostro, alluminio, chiodi, madreperla, marmo si
presentano in forme molteplici attraverso libertà e
leggerezza.
Pennellate miocinetiche e incantatorie, fluide e
segniche, informali, astratte, concettuali per scrutare
il mondo da altre prospettive e ancora sculture che
rappresentano in maniera soggettiva armonia, torsioni,
equilibri, intersecazione di piani, leggerezza, cerchi e
luce riflessa, e alludono ai processi naturali e anche
al loro trasformarsi nel tempo e nello spazio.
La scelta delle opere è stata fatta considerando il
binomio tecnica materiali da un lato e dal rapporto
formale tra mosaico e arte contemporanea dall’altro.
Il Novecento è stato un secolo che ha visto proliferare
ideologie, aspettative, dinamiche sociali, orientamenti
religiosi, e ha assistito anche a immense tragedie e
conflitti. Tutto ciò ha determinato insicurezza
individuale, caduta delle aspettative e mancanza del
senso stesso del futuro, che appare oggi come un’incerta
e nebulosa proiezione. Per fare una ricognizione sul
significato dell’arte contemporanea è necessario dare un
senso di continuità tra passato e presente attraverso la
volontà di riflettere su come l’arte nel tempo sia
cambiata seguendo sempre la vita che ci circonda.
Una consapevole selezione di significative opere di
Felice Nittolo, qui presentate, tiene conto
dell’elaborazione stilistica di artisti che si sono
distinti da altri per la loro ricerca all’avanguardia.
La mostra al Pan intitolata “Lito ritmo”, si pone
l’obiettivo, in tal senso, di indagare attraverso l’arte
la capacità di far convivere il passato - dandoci una
completa autonomia - e il presente per riuscire poi a
guardare il futuro.
Con questa personale, l’artista
indaga con forza intellettuale e capacità dialettiche il
difficile rapporto che esiste tra arte contemporanea e
il sistema che lo regola con le sue logiche di mercato.
Affrontare l’opera di Nittolo - nato a Capriglia Irpina,
classe 1950, ma vive e lavora a Ravenna – è un percorso
che non si può intraprendere se non con un buon bagaglio
di conoscenze, almeno visive, dell’arte del Novecento,
che non si può capire senza l’esperienza dei mosaici
dorati delle nostre cupole, senza il lontano ricordo
delle profilature degli angeli siriaci.
Il lavoro di Nittolo, artista di livello internazionale,
risente di suggestioni che spaziano da Burri a Fontana,
da Pomodoro a Calder, versate su ricordi di restauri
‘malfatti’ che hanno imprigionato, nella superficie
asperrima della mestica, la memoria dell’oro puro
bizantino, rimanda alla trascendenza. Ogni sua tappa,
ogni sperimentazione sempre priva di preconcetti,
risulta legata a un luogo fisico e alla sua anima.
La proposta va nella direzione delle tanto amate
contaminazioni che caratterizzano questo passaggio di
secolo, questo travaso di consapevolezza estetica i cui
sfilacciati lembi finiscono nel nostro quotidiano, nel
nostro vestire, nel nostro atteggiarci con una
leggerezza e un disimpegno che le generazioni passate
sicuramente ci contesterebbero. La precarietà dei
materiali, la vibrante sgranatura dell’immagine,
conducono all’evocazione di forme e cose sempre meno
identificabili e talora solo occhieggiate.
Nata da un’idea di Alessandro Vitiello, l’esposizione da
me curata in collaborazione con l’Assessorato alla
Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, ha il merito
di presentare nella nostra città un artista importante
che con la sua pittura e ricerca interpreta l’esistente
con scomposizioni, frammentazioni, sperimentazioni e
occhi carichi di memoria. Colore, materia e luce, in
ogni singola opera sono sempre diverse e assumono in
divenire consistenze e aspetti differenti. Acrilico,
legno, tela, linoleum, foglia oro, malta terracotta,
pasta vitrea, carta, inchiostro, alluminio, chiodi,
madreperla, marmo si presentano in forme molteplici
attraverso libertà e leggerezza.
Questi sono solo alcuni dei materiali da lui usati,
assemblati insieme, ma anche scissi, dominanti o
dominati nella loro consistenza sui supporti. Osservando
i lavori esposti per l’occasione, si possono comprendere
i differenti modi di costruzione e interpretazione
dell’opera realizzata attraverso la necessità di nuove
espressioni, che pur rimanendo in alcuni casi in
contesti riconosciuti, pongono le basi per la
comprensione di determinati obiettivi artistici ed
espressivi all’avanguardia portando poi l’artista ad
arricchire sempre più i propri mezzi raggiungendo
risultati all’epoca indiscutibili. Pennellate
miocinetiche e incantatorie, fluide e segniche,
informali, astratte, concettuali per scrutare il mondo
da altre prospettive e ancora sculture che rappresentano
in maniera soggettiva armonia, torsioni, equilibri,
intersecazione di piani, leggerezza, cerchi e luce
riflessa, e alludono ai processi naturali e anche al
loro trasformarsi nel tempo e nello spazio. La scelta
delle opere è stata fatta considerando il binomio
tecnica materiali da un lato e dal rapporto formale tra
mosaico e arte contemporanea dall’altro. Sicuramente non
è una mostra esaustiva di tutte le forme espressive
utilizzate dall’artista come le contaminazioni con la
parola e il suo personalissimo dripping, ma direi che
possa considerarsi come un cammino di materiali e colori
per ricostruire, almeno in parte la ricerca di Nittolo
attraverso una “geografia di esperienze e suggestioni”.
I segni arcaici di Nittolo tentano di far riemergere il
rimosso e portare in superficie un passato non risolto
rimandandoci ai millenari codici miniati e a una sorta
di prescrittura. Il rituale diventa mestolo del tempo e
del mito che ci conduce dove già siamo per manifestare
da un lato il malessere della nostra civiltà e
contemporaneamente la nostra capacità di conservare pur
nell'affollarsi dell'immagine tecnologica il contatto
con le nostre radici primigenie.
Un lavoro dove i limiti fisici dell’immagine pittorica
sono deposti e relegati all’angolo estremo della nostra
percezione per far espandere il nostro sguardo a nuove
dimensioni. L’analisi delle esperienze quotidiane è
complicata dalle innumerevoli percezioni sensoriali a
cui siamo sottoposti da parte di un sistema che sviluppa
incessanti comunicazioni diversificate in forme e
codici. Ed è propria della tensione verso il lato oscuro
delle cose l’origine della ricerca di aspetti
primordiali, delle radici del mito che interessa
all’artista, che con questa esposizione analizza il
dilemma della verità e del falso per riuscire a
esplorare i territori delle esperienze umane.
Daniela Ricci



